giovedì 22 marzo 2012

A New Kind of Beauty - dal paradigma alla norma.


L'immaginario era l'alibi del reale, in un mondo dominato dal principio di realtà. Oggi è il reale che è diventato l'alibi del modello, in un universo retto dal principio di simulazione. Ed è paradossalmente il reale che è diventato oggi la nostra vera utopia - ma è un'utopia che non appartiene più all'ordine del possibile, perchè non si può che sognarne come un oggetto perduto. (1)

Capita, a volte, che un servizio fotografico costituisca la differenza, nell'indiscriminato flusso di pensieri quotidiani; capita soprattutto quando la maestria del fotografo suggerisce una riflessione capace di oltrepassare la carta stampata, scardinando le coordinate di una giornata qualsiasi, insinuandosi come un preziosissimo germe nella riflessione personale. Così è stato, per me, approcciando ingenuamente alla serie A new Kind of Beauty anni fa, prim'ancora di terminare gli studi, faccia a faccia con quegli sguardi; promettendomi di ricercare, di saperne di più, magari di scriverne, un giorno.


Sono sguardi impassibili e penetranti, quelli che ci osservano dall'obiettivo di Philip Toledano.
Sguardi di uomini, donne e transgender che hanno affidato alla chirurgia il desiderio - più che la necessità - di ricostruirsi per ritrovarsi.
Ci si ritrova posti senza pietà davanti ad un interrogativo pulsante, quantomai attuale: la chirurgia come mezzo odierno per ricongiungersi alla propria identità; o, semmai, la via più semplice per allontanarsene, nella ricostruzione di una nuova e totalmente autonoma facciata.

Philip Toledano, A new Kind of Beauty series, 2010

Non solo di bellezza si parla, di fronte alla smania del mostrarsi.
Corpi che sfidano il grottesco, impalcature pompose e talvolta traballanti, anche se rivestite di una sapiente regia che affonda l'ispirazione nella pittura fiamminga di pura luce, nelle pose rinascimentali, nel candore di una pseudo-classicità postcomtemporanea (mi si perdoni l'ossimoro) che quasi risulta stridere con l'artificialità del soggetto rappresentato; pur tuttavia, in qualche modo, lo accarezza.

'Un nuovo tipo di bellezza', appunto, che sfida la corsa del tempo, l'avanzare della vecchiaia, l'inevitabilità della morte con un rigore metodico, "come chi compera una vecchia automobile e la ripara un po' per volta. Noi ci aspettiamo delusione, solitudine, tristezza, ma è un nostro preconcetto. Quello che c'è dietro è solo un grande sforzo" dice l'autore stesso in un intervista a D di Repubblica (2010). 


Ricostruirsi, al di là dell'umana natura, con una mano tesa all'artificiale, intraprendendo un percorso che associa la carne alla plastica con sempre più 'naturalezza' (se di naturalezza in questo caso si può parlare), facendo apparire le esperienze di Orlan quanto mai sorpassate e gli esperimenti di Cindy Sherman oltremodo profetici. Liddove la prima, infatti, trasformava le operazioni di chirurgia in performances artistiche, giungendo ad un collage di pezzi anatomici provenienti dai canoni d'ogni tempo, la seconda già aveva intravisto  nella possibilità di 'diventare la maschera' il nuovo canone del XXI secolo. Quello che in Orlan era l'intento di scioccare lo spettatore, in Toledano diventa mera registrazione della realtà, che non turba più poiché al di fuori di ogni tipo di avanguardia, accessibile a tutti a livello globale - cash alla mano.



Ha perfettamente ragione l'autore quando si chiede se la bellezza sia influenzata maggiormente dai canoni estetici e culturali o dalla chirurgia, quando scrive che probabilmente si è già sulla strada di un tipo di bellezza tutta nuova, che si muove tra l'artificiale e la cultura popolare. E ha ragione, a mio parere, anche l'autore del Dailymail quando, il 6 marzo 2012, scrive che i soggetti fotografati, nel tentativo di corrispondere ad un paradigma, perdono la propria individualità, divenendo un esercito piallato ad immagine e somiglianza del modello, il cui carattere 'disturbante' non può più essere riconosciuto come tale quando sembra piuttosto costituire l'affermazione di una nuova norma.

Se il mondo di Toledano ci sembra lontano, nei suoi iperreali 'quadri' americani in chiaroscuro, la controprova è a portata di telecomando e accessibile a tutti; anche solo in un breve giro di boa tra i notiziari all'ora di punta, un fiorente catalogo di orripilanti creature botticelliane gonfiate come vetri di Murano sorridono (o tentano di sorridere) in camera, ripetendosi incessantemente in una sorta di incubo al plasma. 
Ma è proprio un incubo quello di cui si parla o forse la 'nuova normalità'?

Spesso mi capita di riflettere sull'assunto secondo il quale 'il manichino dev'essere manichino' - atto allo scopo per il quale è prodotto - e di pensare a quanto il soggetto della frase stia diventando intercambiabile.


(1) J. Baudrillard, CyberfilosofiaMilano-Udine, Mimesis Edizioni, 2010, p. 10.

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