(…) women’s
ability to provoke sexual desire was an unfortunate fact of their existence,
inevitably hindering woman’s ability to function in the public sphere.
Dovendo preparare una presentazione puntuale per il seminario del 28 gennaio (vedi post precedente), partire dal panorama del
burlesque in territorio anglosassone è stata in realtà una scelta funzionale
allo scopo preposto, lì dove la storia di questo genere performativo è da
inquadrarsi nella proposta di una nuova consapevolezza tutta al femminile,
seguendo le coordinate ripercorse all’interno dell’interessante Pin-up grrrls: feminism, sexuality, popular culture di Maria
Elena Buszek (Duke University Press, 2006)*. Il volume, corredato da bellissime
foto d’epoca, concentra la sua ricerca sull’inquadramento della figura sociale
della pin up in quanto simbolo di un proto-femminismo d’avanguardia, che trova
nel burlesque del XVIII secolo il territorio ideale per piantare i propri semi.
Lydia Thompson and The British Blondes |
Inizialmente riservato alla dimensione teatrale, nasce come spettacolo parodistico d’ispirazione aristofanesco/plautina, piantando le radici nel fortunato filone della commedia satirica prima e del vaudeville francese poi; protagoniste principali proprio le donne, che – vestendo panni sia maschili che femminili – si confermavano come dominatrici indiscusse della scena e voce principale del dissenso, seppure nella pungente leggerezza della commedia. In origine, non erano previste scene di nudo, neppure contenute; questa rivoluzione avviene intorno al 1830 con l’affermarsi dei cosiddetti “leg show”, nei quali le attrici (che allo stesso tempo erano anche autrici) cominciano a scoprire -appunto- le gambe in segno di rivolta all’ottica dominante maschilista, che vedeva in loro unicamente l’effigie della mitezza e concedeva loro nient’altro che l’occupazione dell’ambiente domestico. Di una vera e propria rivoluzione si trattò, in effetti: il mito vittoriano dell’inconsistenza della donna al di fuori dell’ambito familiare cominciò pian piano ad essere aggredito, per disgregarsi sempre più velocemente; in quest’ambito, le performers cominciano a diventare simboli di intraprendenza capaci di rimarcare con forza la propria ‘differenza’ fisica ed intellettuale.
Blurring the
borders between characters and actress, performance and reality, the birth of
burlesque had created an unusual new role for its already unusual female
performers: not just a charismatic public ideal for women, but an openly
sexualized ideal of what Thompson herself referred to as modern women very much
aware of their “own awarishness”. P.
43
Donne comuni, quando non
dotate di un particolare senso estetico, ma che facevano dell’espressività e
dell’irriverenza i punti cardine di ciascuna esibizione - elemento che rimarrà
invariato almeno fino alla metà del XX secolo e che permette loro di diventare
simboli di una nuova libertà, anche sessuale. Scoprire le gambe, lungi dall’essere semplicemente una vetrina
entro la quale rimarcare la propria sensualità, serviva piuttosto ad attestarne
l’esistenza - l’esistenza di una sensualità violata, negata e costretta dalle
trame impenetrabili del puritanesimo. Nel momento in cui il ‘micropopolo’
femminile si rende consapevole di
questo (dato), si compie lo scacco iniziale, che troverà la sua conferma
(insieme alla massima diffusione) nell’avvento della fotografia, in quanto
mezzo privilegiato non solo per la promozione e la circolazione delle immagini,
ma per la costruzione ed il controllo di un proto-ideale femminista di ‘consapevolezza
sessuale’. Proprio con la carte-de-visite
(la cui attribuzione è assegnata a Eugene Disderi) il fenomeno si diffonde
oltre misura superando qualsiasi confine, efficace come un passaparola ma
immediato quanto un’immagine. La donna, cui secoli di perbenismo avevano
riservato una dimensione unicamente privata (e asessuata), diviene ‘cosa pubblica’, da osservare e di cui
parlare, dotata di una ‘sessualità
pubblica’, pubblicamente visibile ed esposta (“public woman” era la
definizione usata per le prostitute nella seconda metà del XIX secolo, ndr.).
Non solo: l’essere pubblica significa
avere consapevolezza dell’esposizione a cui si sottopone il corpo, prevede una
forma autonoma di promozione e una presa di coscienza del proprio potenziale
sensuale e sessuale. Se tutto ciò ai giorni nostri può apparire scontato,
allora funzionò da vero e proprio detonatore, e se da un lato spalancava il
sipario su una nuova riflessione della donna su se stessa, dall’altro apriva le
porte alla pornografia così come comunemente la intendiamo (nel suo essere
moralmente deprecabile).
Persino la borghesia al
femminile non rimase immune al ciclone: non solo parve apprezzarlo grandemente,
ma - contrariamente ad ogni aspettativa - ne divenne la fan più accanita,
invidiando in silenzio il connubio perfetto tra donna vera e puttana che nell’immagine
di ogni attrice trovava la sua celebrazione.
Come la Buszek scrive,
infatti:
Fluctuating
variously between the behavioral signifiers of prostitution (through their
trade in physical exhibition, flaunting of self-aware sexuality, and public
visibility) and ‘true womanhood’ (through their beauty, desirability, and
struggles for respectability), the burlesque performers effectively disrupted
the binary that had named and controlled female sexuality in the nineteenth
century – particularly that of the white bourgeois women who became her newest
admirers. P. 64
Tutto ciò è da iscriversi in un
periodo storico in cui la borghesia si afferma come classe sociale dominante in
ambito economico e sociale, prevedendo per la prima volta al suo interno la
possibilità di una formazione culturale e lavorativa anche per le donne,
seppure in maniera limitata rispetto all’uomo. Questo cambiamento concede al
versante femminile la possibilità di meditare per la prima volta sull’evenienza
di un ruolo di maggiore importanza all’interno della società, in accordo alle
dinamiche secondo le quali la grande possibilità offerta dalla cultura non è
tanto data dalle risposte, quanto dalla impellenza delle domande. Di
conseguenza, l’avvicinamento alla sfera pubblica per la donna si fa meno
evanescente, parallelamente al graduale allentamento della morsa domestica:
viene a formarsi una sorta di seminale coscienza collettiva di genere, che
esige maggiore visibilità proprio in virtù della consapevolezza di sé e del
proprio potenziale e che, inevitabilmente, porta alla riflessione su tutti i ruoli possibili, compresi quelli
offerti dal mondo dello spettacolo e dal relativo immaginario.
La figura della pin up, in questo preciso momento
storico, potrebbe essere definita strumentale, in quanto concede alla donna il
beneficio di relazionarsi alle identità più svariate e trasgressive, ma anche
la possibilità di confronto con i tabù sessuali e sociali, senza dimenticare
che - per sua costituzione - questa figura viaggia sin dalla nascita su un
doppio binario e che, per questo motivo, in tutta probabilità non giungerà mai
ad un accordo totale tra le parti.
(Ma è poi quest’accordo
realmente auspicabile e necessario? Non è forse in quest’instabilità di ruolo
la forza dell’immaginario suggerito? Non è forse questo a concedere alla pin up
l’opportunità di esistenza in quanto zona
temporaneamente autonoma, al di fuori della quale verrebbe a perdersi il quid che ne garantisce la persistenza?)
Lydia Thompson in costume di scena |
La nascita del burlesque in America
si deve alla straordinaria intraprendenza di Lydia Thompson, che con le sue
ragazze riesce a rafforzare la diffusione del genere in patria per poi
esportarlo in territorio americano intorno al 1870. Per dirla attraverso le
parole di Olive Logan, attrice drammatica, la forza della Thompson Troupe era
quella di rendere manifeste le potenzialità e i limiti dell’essere
semplicemente e pienamente donna, non
solo in virtù dell’ammirazione suscitata in quanto ‘oggetto da ammirare’, ma
anche e soprattutto per la grande influenza esercitata in maniera tanto professionale
quanto sensuale (p. 43). Come dire, se il fatto di essere considerata
principalmente in base al proprio potenziale sessuale costituisce un handicap
oggettivo per una donna, la performer burlesque riesce tuttavia a controllare e
incanalare questa ‘peculiarità’ in modo da fonderla alle altre e rielaborarla attraverso
lo spettacolo e il gioco.
(...continua...)
*l'approccio a questo interessante volume mi è stato amorevolmente consigliato in una fredda sera di novembre dalla deliziosa Cleo Viper, il cui 'zampino' ha contribuito a 'scaldare il motore' di Time Machine.
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