lunedì 6 febbraio 2012

Time Machine (I) - A proposito di Burlesque e proto-femminismo



(…) women’s ability to provoke sexual desire was an unfortunate fact of their existence, inevitably hindering woman’s ability to function in the public sphere.

Dovendo preparare una presentazione puntuale per il seminario del 28 gennaio (vedi post precedente), partire dal panorama del burlesque in territorio anglosassone è stata in realtà una scelta funzionale allo scopo preposto, lì dove la storia di questo genere performativo è da inquadrarsi nella proposta di una nuova consapevolezza tutta al femminile, seguendo le coordinate ripercorse all’interno dell’interessante Pin-up grrrlsfeminism, sexuality, popular culture di Maria Elena Buszek (Duke University Press, 2006)*. Il volume, corredato da bellissime foto d’epoca, concentra la sua ricerca sull’inquadramento della figura sociale della pin up in quanto simbolo di un proto-femminismo d’avanguardia, che trova nel burlesque del XVIII secolo il territorio ideale per piantare i propri semi.


Lydia Thompson and The British Blondes


Inizialmente riservato alla dimensione teatrale, nasce come spettacolo parodistico d’ispirazione aristofanesco/plautina, piantando le radici nel fortunato filone della commedia satirica prima e del vaudeville francese poi; protagoniste principali proprio le donne, che – vestendo panni sia maschili che femminili – si confermavano come dominatrici indiscusse della scena e voce principale del dissenso, seppure nella pungente leggerezza della commedia. In origine, non erano previste scene di nudo, neppure contenute; questa rivoluzione avviene intorno al 1830 con l’affermarsi dei cosiddetti “leg show”, nei quali le attrici (che allo stesso tempo erano anche autrici) cominciano a scoprire -appunto- le gambe in segno di rivolta all’ottica dominante maschilista, che vedeva in loro unicamente l’effigie della mitezza e concedeva loro nient’altro che l’occupazione dell’ambiente domestico. Di una vera e propria rivoluzione si trattò, in effetti: il mito vittoriano dell’inconsistenza della donna al di fuori dell’ambito familiare cominciò pian piano ad essere aggredito, per disgregarsi sempre più velocemente; in quest’ambito, le performers cominciano a diventare simboli di intraprendenza capaci di rimarcare con forza la propria ‘differenza’ fisica ed intellettuale.

Blurring the borders between characters and actress, performance and reality, the birth of burlesque had created an unusual new role for its already unusual female performers: not just a charismatic public ideal for women, but an openly sexualized ideal of what Thompson herself referred to as modern women very much aware of their “own awarishness”. P. 43


Donne comuni, quando non dotate di un particolare senso estetico, ma che facevano dell’espressività e dell’irriverenza i punti cardine di ciascuna esibizione - elemento che rimarrà invariato almeno fino alla metà del XX secolo e che permette loro di diventare simboli di una nuova libertà, anche sessuale. Scoprire le gambe, lungi dall’essere semplicemente una vetrina entro la quale rimarcare la propria sensualità, serviva piuttosto ad attestarne l’esistenza - l’esistenza di una sensualità violata, negata e costretta dalle trame impenetrabili del puritanesimo. Nel momento in cui il ‘micropopolo’ femminile si rende consapevole di questo (dato), si compie lo scacco iniziale, che troverà la sua conferma (insieme alla massima diffusione) nell’avvento della fotografia, in quanto mezzo privilegiato non solo per la promozione e la circolazione delle immagini, ma per la costruzione ed il controllo di un proto-ideale femminista di ‘consapevolezza sessuale’. Proprio con la carte-de-visite (la cui attribuzione è assegnata a Eugene Disderi) il fenomeno si diffonde oltre misura superando qualsiasi confine, efficace come un passaparola ma immediato quanto un’immagine. La donna, cui secoli di perbenismo avevano riservato una dimensione unicamente privata (e asessuata), diviene ‘cosa pubblica’, da osservare e di cui parlare, dotata di una ‘sessualità pubblica’, pubblicamente visibile ed esposta (“public woman” era la definizione usata per le prostitute nella seconda metà del XIX secolo, ndr.). Non solo: l’essere pubblica significa avere consapevolezza dell’esposizione a cui si sottopone il corpo, prevede una forma autonoma di promozione e una presa di coscienza del proprio potenziale sensuale e sessuale. Se tutto ciò ai giorni nostri può apparire scontato, allora funzionò da vero e proprio detonatore, e se da un lato spalancava il sipario su una nuova riflessione della donna su se stessa, dall’altro apriva le porte alla pornografia così come comunemente la intendiamo (nel suo essere moralmente deprecabile).
Persino la borghesia al femminile non rimase immune al ciclone: non solo parve apprezzarlo grandemente, ma - contrariamente ad ogni aspettativa - ne divenne la fan più accanita, invidiando in silenzio il connubio perfetto tra donna vera e puttana che nell’immagine di ogni attrice trovava la sua celebrazione.
Come la Buszek scrive, infatti:

Fluctuating variously between the behavioral signifiers of prostitution (through their trade in physical exhibition, flaunting of self-aware sexuality, and public visibility) and ‘true womanhood’ (through their beauty, desirability, and struggles for respectability), the burlesque performers effectively disrupted the binary that had named and controlled female sexuality in the nineteenth century – particularly that of the white bourgeois women who became her newest admirers. P. 64

Tutto ciò è da iscriversi in un periodo storico in cui la borghesia si afferma come classe sociale dominante in ambito economico e sociale, prevedendo per la prima volta al suo interno la possibilità di una formazione culturale e lavorativa anche per le donne, seppure in maniera limitata rispetto all’uomo. Questo cambiamento concede al versante femminile la possibilità di meditare per la prima volta sull’evenienza di un ruolo di maggiore importanza all’interno della società, in accordo alle dinamiche secondo le quali la grande possibilità offerta dalla cultura non è tanto data dalle risposte, quanto dalla impellenza delle domande. Di conseguenza, l’avvicinamento alla sfera pubblica per la donna si fa meno evanescente, parallelamente al graduale allentamento della morsa domestica: viene a formarsi una sorta di seminale coscienza collettiva di genere, che esige maggiore visibilità proprio in virtù della consapevolezza di sé e del proprio potenziale e che, inevitabilmente, porta alla riflessione su tutti i ruoli possibili, compresi quelli offerti dal mondo dello spettacolo e dal relativo immaginario.
La figura della pin up, in questo preciso momento storico, potrebbe essere definita strumentale, in quanto concede alla donna il beneficio di relazionarsi alle identità più svariate e trasgressive, ma anche la possibilità di confronto con i tabù sessuali e sociali, senza dimenticare che - per sua costituzione - questa figura viaggia sin dalla nascita su un doppio binario e che, per questo motivo, in tutta probabilità non giungerà mai ad un accordo totale tra le parti.
(Ma è poi quest’accordo realmente auspicabile e necessario? Non è forse in quest’instabilità di ruolo la forza dell’immaginario suggerito? Non è forse questo a concedere alla pin up l’opportunità di esistenza in quanto zona temporaneamente autonoma, al di fuori della quale verrebbe a perdersi il quid che ne garantisce la persistenza?)

Lydia Thompson in costume di scena
La nascita del burlesque in America si deve alla straordinaria intraprendenza di Lydia Thompson, che con le sue ragazze riesce a rafforzare la diffusione del genere in patria per poi esportarlo in territorio americano intorno al 1870. Per dirla attraverso le parole di Olive Logan, attrice drammatica, la forza della Thompson Troupe era quella di rendere manifeste le potenzialità e i limiti dell’essere semplicemente e pienamente donna, non solo in virtù dell’ammirazione suscitata in quanto ‘oggetto da ammirare’, ma anche e soprattutto per la grande influenza esercitata in maniera tanto professionale quanto sensuale (p. 43). Come dire, se il fatto di essere considerata principalmente in base al proprio potenziale sessuale costituisce un handicap oggettivo per una donna, la performer burlesque riesce tuttavia a controllare e incanalare questa ‘peculiarità’ in modo da fonderla alle altre e rielaborarla attraverso lo spettacolo e il gioco.


(...continua...)


*l'approccio a questo interessante volume mi è stato amorevolmente consigliato in una fredda sera di novembre dalla deliziosa Cleo Viper, il cui 'zampino' ha contribuito a 'scaldare il motore' di Time Machine.

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