sabato 25 febbraio 2012

Hoc est aenima absentia corporis et tamen corpus ipsum.


I corpi sono sempre sul punto di partire, nell'imminenza di un movimento, di una caduta, di un allontanamento, di una dislocazione. (Che cos'è infatti una partenza, anche la più semplice, se non quell'istante in cui un certo corpo non è più , proprio qui dov'era? (...) Il corpo che se ne va porta con sé il suo spaziamento, se ne va come spaziamento e in qualche modo si mette da parte, si ritrae in sé - lasciando, però questo spaziamento "dietro di sé", cioè al posto suo, e questo posto resta il suo, assolutamente intatto e assolutamente abbandonato. Hoc est aenima absentia corporis et tamen corpus ipsum.)
J. L. Nancy*


Più importante del concetto del sé, probabilmente è la presenza di sé a se stessi.
I corpi, che sono sempre partenze, nel loro esporsi, nella loro estroflessione al mondo esterno, portano via pezzetti di noi ogni volta che palesano la loro assenza (assenza a noi stessi, di fronte al nostro scrutare attonito).
Così capita di sentirsi estranei alle proprie membra, come se non fossero che appendici posticce di una essenza non meglio espressa; come se l'immagine che ci svolge fosse di non si sa quale creatura absurda. Qualcosa che al momento sfugge, non ci tocca.

Il pericolo numero uno è l'assenza.
La nostra, di quando ci manchiamo.

I corpi sono sempre nell'imminenza di una caduta, fa parte del loro estroflettersi, del loro progressivo decadere, della malleabilità che li contraddistingue.
Umanità, la chiamerebbero probabilmente. Dato da considerarsi, nel momento in cui si è pronti a riconoscere - con un briciolo di dignità intellettuale - che la fallibilità è parte costituente della natura epidermica. 
Fallibilità, impossibilità dell'everlasting fisico - politico - umorale - autosufficiente.



Di quest'effrazione, di questa partenza dei corpi in tutti i corpi, tutti i corpi fanno parte, e la libertà materiale - la materia come libertà - non è solo quella di un gesto o di un atto volontario, ma anche quella di due sfumature di mica, di milioni di conchiglie dissimili, e dell'estensione indefinita di un principium individuationis che fa sì che gli stessi individui non cessino di in-dividuarsi, sempre più diversi, sempre più simili, quindi, e sostituibili tra loro, ma mai tuttavia confusi in sostanze. Perché anche la sostanza - prima ancora di poter sostenere sé o altro - viene ad essere esposta qui: al mondo.
J. L. Nancy*


Il corpo si flette al mondano; dal momento in cui viene a formarsi, non si richiude in gusci di paguro. Così la parola, come il corpo, si espone; il suo mancato balzo fra le cose del mondo è figlio di un'anomalia, di una chiusura ottusa all'altrità.
La pelle svolge e racconta, in qualche modo si diparte, sempre - per confondersi nella miriade di sfumature dissimili che si rincorrono nel tessuto esistenziale.
Il corpo si rifrange e si conforta nell'altro - qualsiasi altro, come altro-da-sé.
Uno schianto generativo, e - in qualche modo - salvifico.

(To Fail is Human. A finestre chiuse, non chiedere del sole.)



*Corpus, Ed. Cronopio, Napoli, 2007 (I ristampa), pp. 29-32.




Nessun commento:

Posta un commento